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Adesso è proprio troppo...

>> lunedì 5 maggio 2014


Pensavamo di averle viste tutte, e invece no. Dopo lo scempio della finale di Coppa all’Olimpico, che ha mostrato al mondo intero l’inefficienza e l’inettitudine dell’italia, in cui nostro malgrado viviamo, e dei capi delle sue nobilissime  istituzioni, cui unica capacità è quella di assicurarsi il posto a sedere, sulle poltrone che contano o su quelle di una tribuna autorità di uno stadio, fa davvero poca differenza. Dopo i fiumi di inchiostro delle penne al soldo dei soliti poteri, dopo interi tg, trasmissioni e servizi tv e titoloni di giornale per condannare scritte su una maglietta senza mai porsi qualche domanda in più, dopo caterve di  falsità e ipocrisie lette ovunque, quasi a volerci far credere che il paese è allo sbando per colpa dei capi ultras, dopo gli attacchi immancabili degli ascari tafazziani di turno, credevamo davvero di aver letto, visto, e sentito di tutto. Volevamo infatti chiuderla, la triste parentesi dei fatti di Roma, non commentare più, non raccontarne più… poi stamane la ciliegina sulla torta: Ciro arrestato.



Secondo quanto riporta “Il Mattino” infatti, Ciro Esposito, il tifoso aggredito e ferito gravemente a Roma a colpi di pistola, sarebbe stato arrestato per “rissa”, ovvero sarebbe stato lui, secondo la ricostruzione della Questura, ad aggredire Gastone (Daniele De Santis) che avrebbe poi sparato per reazione.
A questo punto, a mente fredda, ci chiediamo dove e quale sia la verità, perché, come al solito, c’è la verità raccontata da chi lì a Roma c’era, c’è la verità di chi ne conosce i protagonisti, poi c’è quella raccontata da giornalisti e giornalai e infine quella dello Stato, propagandata dai media conniventi.
Pare strano pensare che la Questura di Roma abbia potuto ricostruire fatti (gli stessi che hanno prodotto l’arresto di Ciro) accaduti in un luogo cui nessun rappresentante della stessa Questura fosse presente: è logico pensare che, se i tifosi napoletani, cui era dedicata la curva nord dell’Olimpico, obbligati a parcheggiare a Tor di Quinto perché previsto dal piano sicurezza, fossero stati scortati, come sarebbe naturale trattandosi di partita ad alto rischio: non si sarebbe di certo verificato l’agguato ai napoletani, perché di “agguato” ci raccontano i presenti si è trattato.
Viene quindi il dubbio, più che lecito, che con questa fantasiosa ricostruzione, la Questura voglia solo tentare di “mettere una pezza” rispetto ad una leggerezza costata cara però al povero Ciro, ferito, operato e pure arrestato.
Secondo altri, invece, la scorta c’era, ma era attenta solo ai tifosi definiti più “caldi”, mentre tutti gli altri sarebbero stati abbandonati a sé stessi.
Signor Questore di Roma, sarebbe così gentile da spiegare a Ciro, a sua madre e a tutti i napoletani, perché mai i circa due km di strada che dividono il parcheggio designato dall’accesso allo stadio, non prevedessero alcuna presenza di forze dell’ordine, o la prevedessero parzialmente?  Non siete stati forse voi stessi a  definire l’evento ad “altissimi rischio”? E poi vorremmo capire pure come mai i soccorsi pare abbiano impiegato più di un’ ora per arrivare… ma non dovrebbe esserci un piano ad hoc in queste situazioni?
Ma si sa, noi siamo napoletani, la colpa è nostra che invece di restarcene a casa abbiamo regolarmente comprato il biglietto, pagato la trasferta e raggiunto Roma per seguire la nostra squadra, e non dovevamo farlo.
Se fossimo restati a Napoli, nulla di tutto questo sarebbe accaduto: ce li siamo cercati gli spari contro, insomma. E comunque no, non si può accettare che la principale vittima di tutto questo, della vostra inettitudine, della vostra inefficienza, della vostra incapacità assoluta di tutelarci nonostante giorni e giorni di vertici e consulti, in una parola la vittima DEL VOSTRO ESSERE ITALIANI, sia oggi addirittura accusata di aver scatenato l’accaduto, non lo tolleriamo, non lo accettiamo e soprattutto non lo crediamo: è solo un’altra delle vostre bugie! Per fortuna Napoli, anche in questa triste occasione ha dimostrato di che pasta è fatta: la consulenza legale per la difesa di Ciro, sarà infatti a totale carico della Camera Penale napoletana, che ha raccolto, senza esitazione alcuna, la richiesta d’aiuto della madre del ragazzo.
Tra le verità che gridano vendetta c’è anche quella, semplice e disarmante, di Gennaro De Tommaso: sì, perchè anche quelli come” Genny ‘a carogna” un nome ce l’hanno, e questo è il suo. I non napoletani non possono capire cose del genere: a Napoli, soprattutto nei quartieri più popolari, quelli in cui ci si conosce e ci si aiuta tutti l’un con l’altro, avere dei soprannomi è cosa normalissima, così come è vero che spesso il nomignolo si possa ereditare.
Ed infatti Gennaro ha ereditato dal padre quel “carogna” che tanto piace a chi lo usa per accusarlo e chiamarlo camorrista, quel “carogna” tanto strumentale al disegno italiota che vede nei napoletani le origini del malaffare sempre e comunque, peccato che i vicoli raccontino di un “carogna” come sinonimo di sfortuna, non di cattiveria… ma questa è solo la prima delle falsità che la macchina del fango italiana ha diffuso sul suo conto.
Seconda menzogna: Genny non doveva trovarsi lì perché colpito da daspo. La verità: il daspo era scaduto, Gennaro ha già pagato per gli errori commessi, il daspo ha un inizio e una fine, anche se il prode Angelino Alfano minaccia di volerlo estendere a vita a chi si macchia di certi reati.
Ci verrebbe da chiedere ad Alfano cosa invece intenda fare rispetto a tutti i pregiudicati che lo affiancano e lo hanno affiancato in politica, da quelli che egli ha sostenuto in ogni dove e che lo hanno introdotto nella politica che conta con nomine di altissimo profilo istituzionale, ma anche verso quelli che comunque siedono insieme a lui ogni giorno in parlamento, anche se in schieramenti opposti. Vorremmo anche capire perché, nonostante la tessera del tifoso, tutti, ovvero anche chi non la possiede, riescano ad accedere alle trasferte tranquillamente… ma forse di questo ad Alfano non conviene parlare, sarebbe come ammettere l’ennesimo fallimento, l’ennesima figuraccia, e gli toccherebbe pure assumersi qualche responsabilità in nome della classe politica cui appartiene, circa un flop che evidenzia i limiti ormai più che conclamati. Più comodo per le istituzioni parlare della maglietta, della sua scritta: Speziale libero.
Fin troppo facile fare demagogia su quel messaggio a detta loro oltraggioso: tutti a condannare chi sta dalla parte del delinquente assassino, nessuno cui venga mai un dubbio su una sentenza di condanna che invece fa acqua da tutte le parti… come se fosse poi la prima volta che la giustizia italiota commettesse un errore, eh?
Dobbiamo forse farvi l’elenco delle migliaia di condanne sbagliate, di tutti gli errori della super casta che mai paga i propri errori, di tutti gli innocenti che finiscono in galera? Potrebbe capitare anche a voi un giorno, attenti. Attenti a difendere sempre la posizione più ovvia, attenti a stare sempre con chi sembra blindato dalla verità assoluta.
“La maglietta è in onore di una città dove abbiamo tanti amici e nei confronti di un ragazzo che sta chiedendo attraverso i suoi legali la revisione del processo. È una richiesta di giustizia, non un’offesa contro una persona deceduta o contro i suoi familiari” queste le parole di Genny sullo scandalo, sulla vergogna della maglietta di cui si parla ormai ininterrottamente, un pomo della discordia tra chi sa forse qualcosa in più su quanto accaduto in quel derby siciliano, e i tanti invece che non sanno un cazzo ma parlano, giudicano, condannano. Dare  voci ai più deboli, come Speziale in questo frangente, sostenerne la causa, chiedere più attenzione alla giustizia non sono cose che piacciono all’italia, soprattutto quando a farlo è uno della “feccia”, come in tanti hanno definito Genny in queste ore. Del resto, ammettere l’errore giudiziario, o semplicemente contemplarlo come possibilità, sarebbe come ammettere un proprio errore, non conviene, non si fa. Ennesima bugia: Genny avrebbe acconsentito a far iniziare il match trattando con forze dell’ordine e Società calcio Napoli, con la mediazione di Hamsik.
Invenzioni per vendere i giornali e sputtanare Napoli, la verità è tutt’altra cosa: vista la poco corretta gestione delle informazioni circa la presunte morte di Ciro (era questa la voce che girava),visto il consulto fatto sotto gli occhi di tutti, in campo, tra dirigenti di polizia e società e istituzioni, visto il blocco di tutte le linee della telefonia cellulare, visto che nessuno si assumeva la responsabilità di prendere un semplicissimo microfono e spiegare ai tifosi, tutti, quanto stesse realmente accadendo, il capitano del Napoli, Marek Hamsik, si è sentito in dovere di recarsi sotto la curva dei suoi esclusivamente per rassicurare i tifosi sulle sorti del proprio compagno in ospedale.
Nessuna trattativa tra digos e curva, solo toni pacati volti  a comunicare circa le condizioni di Ciro e la decisione di non tifare, non esibire coreografie (costate impegno, tempo e tanti soldi) né bandiere, in segno di rispetto e solidarietà al compagno ferito.
Genny, insieme ad altra “feccia” della curva, avrebbe poi abbandonato lo stadio già dopo il primo gol del Napoli per raggiungere Ciro in ospedale, per dare sostegno alla sua famiglia, abbandonata e addirittura poi colpita da quelli che, invece, sono i buoni, sono i giusti, sono quelli che dovrebbero difenderci.
Non immaginiamo cosa avrebbero scritto i giornali se invece la curva napoletana avesse tifato ed esibito la coreografia come previsto, anzi, non abbiamo bisogno di immaginare, lo sappiamo perfettamente: avrebbero parlato della solita inciviltà di chi con la morte ci convive quotidianamente, di chi tra i morti ci cammina, di chi non si scandalizza per i colpi di pistola ché a Napoli avvengono indisturbati tra la folla, che la violenza è il nostro pane, non ci sorprende più.
E invece Genny, nell’intervista rilasciata a Daniela De Crescenzo de “Il Mattino” appare davvero sconvolto per la gravità dei fatti accaduti a Roma, per i colpi di proiettile che hanno quasi tolto la vita e forse toglieranno la possibilità di camminare, ad un tifoso come lui, come noi.
Lui, la “feccia”, si scandalizza per questo mentre tutta l’opinione pubblica si scandalizza per la sua maglietta. Sempre lui pare l’unico a  voler far capire che gli spari ad un tifoso siano cosa mai capitata prima d’ora: l’ unico delinquente di tutta la storia sembrerebbe lui, a ‘carogna, anzi no, ora c’è anche Ciro arrestato, quindi eccoci arrivare a due delinquenti, due camorristi, due soli colpevoli… forse sì, colpevoli, ma solo di essere napoletani.
Eh già, perché se di loro ormai sappiamo anche l’esito delle ultime analisi del sangue, pare quantomeno anomalo che altrettanta attenzione e cura non sia rivolta a chi quell’arma l’ha impugnata e usata per davvero: Daniele De Santis.” Gastone”, o ” Danielino”, com’è noto nell’ambiente romanista,  lui sì un pluripregiudicato, ma a piede libero e col porto d’armi, forse. Definito, da chi lo conosce,  ”una scheggia impazzita,totalmente fuori controllo” , pratico di boxe e arti marziali perché figlio di Ivo, maestro storico di karate,  il suo regno era la palestra «Power Temple», vicino alla Piramide Cestia e al vecchio covo degli «Irriducibili» della Lazio. Suo padre, tra l’altro,( perché un padre non ce l’ha solo ‘a carogna!) nel’99, fu gambizzato da ignoti mentre girava in motorino e non se n’ è mai capito il perché.  Appartenente agli ambienti di estrema destra, gestore del chiosco dal quale ha sparato, nei pressi dello stadio, Danielino è coinvolto nei maggiori fatti di cronaca nera degli ultrà giallorossi: nel ’94 viene arrestato e poi assolto a seguito degli scontri con le forze dell’ordine in occasione della partita Brescia-Roma, nel ’96 ancora arrestato  per minacce estorsive nei confronti dell’allora presidente della Roma Franco Sensi. Nel 2004, fa sospendere il derby Roma-Lazio diffondendo la falsa notizia della morte di un bambino ad opera della polizia, parlando direttamente con il capitano della Roma, Francesco Totti, in campo. Nel 2008 il Tribunale si vede costrette a non procedere per sopraggiunta prescrizione. Dulcis in fundo, eccolo, sempre nel 2008, candidato alle elezioni amministrative di Roma, nella lista «Il Popolo della Vita-Trifoglio», dell’allora XX Municipio, che sosteneva Alemanno sindaco, Gianni Alemanno… avete capito bene.
“La lista – ha precisato Alemanno – era promossa da diversi movimenti di ispirazione cattolica che ponevano al centro del proprio programma la difesa del diritto alla vita.”
Ah, sempre lui, diceva ai suoi colleghi della curva sud che le armi sono roba da vigliacchi. Evidentemente deve aver cambiato idea, sia sul “diritto alla vita” che sull’uso delle armi: fatto sta, che, ad oggi tutti si chiedono perchè Genny, il figlio del camorrista, non sia in carcere, non sappiamo in base a quali reati commessi, mentre nessuno si chiede lo stesso per Danielino; tutti danno addosso a Genny per una maglietta che pare aver fatto più vittime di quella pistola – che ha sparato per ben sei volte all’indirizzo dei napoletani – invece di sottolineare che qui, se c’è un criminale, è quello che gira con l’Hammer da 80mila euro, non quello di “Speziale libero”. Allora poi guardiamo le carte d’identità dei due e ci appare tutto lampante, la discriminante sta scritta tutta lì, in un solo rigo, in una sola parola: nato a Napoli.
E basta, però, vi preghiamo, non ne possiamo più di sentirci dire che noi facciamo sempre le vittime! Noi siamo le vittime, e, credeteci, saremmo molto più felici di potervi dire il contrario. Siamo noi le vittime anche se fate di tutto per affibbiarci le colpe, come nel caso di Ciro: sparato quasi a morte eppure arrestato… è come se lo aveste sparato di nuovo. E’ come se aveste sparato con lui anche la madre mentre vi raccontava di avervi già perdonato.
Del resto ci prendete a schiaffi quasi ogni giorno da più di cent’anni, con ogni vostra legge, con ogni decreto, con l’indifferenza per Pompei, con i rifiuti tossici che venite a scaricare qui, col caro assicurazione, con le aziende che inquinano qui e hanno sede legale al nord… potremmo, ovviamente, continuare per ore.
Forse per questo è quasi da ingenui parlare con voi italiani di verità: voi avete una concezione tutta particolare della verità , intesa solo a fornirvi alibi di comodo, funzionale a tutto lo schifo che questo paese sa produrre… del resto un popolo che ancora ci costringe a cantare un inno come quello, anche in un’occasione come la finale sporcata da notizie di sangue, come lo potremmo definire?
Tanto voi siete abituati al fango e alla bugia, non vi cambia nulla, l’ipocrisia è la vostra maschera preferita: la stessa che indossate quando festeggiate il lavoro che non c’è, o la liberazione che è solo un passaggio da un padrone e un altro, o gli 80 euro in busta del terzo di quei fantocci eletto dei banchieri, non certo da voi. Ma del resto, per voi italiani, Garibaldi è ancora un eroe… che ne parliamo a fa’?
Sì,sì… è tutto come dite voi. Ora abbiamo il colpevole: é Ciro Esposito il colpevole, De Santis ha sparato per legittima difesa… vedrete. L’equazione si trova: Napoli torna sul banco degli imputati, perché è quello il posto che le compete in italia, e italiani ed ascari fanno festa, la notizia è per loro rassicurante, li tranquillizza e riporta tutto alla normalità. La normalità italiana.
Oggi ci verrebbe voglia di scappare, mollare tutto e abbandonarvi alla vostra miseria di italiani, ma noi, a differenza vostra, l’ orgoglio ce l’abbiamo davvero, ve lo abbiamo mostrato nei fischi fragorosi di sabato, noi non siamo schiavi come voi, non difendiamo il nostro padrone, noi.
L’ amore  per la nostra terra ci impone di restare e farvela pagare. E attenti, arriverà il giorno in cui lo faremo non solo a suon di fischi. Arriverà il giorno in cui ci libereremo da questa Italia e dagli spari su di noi.
Floriana Tortora

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