Il primo numero de "Il Riflesso"
>> venerdì 11 settembre 2015
Cliccando sull'immagine potrai accedere al primo numero de "Il Riflesso", periodico di approfondimento culturale a cura di Gennaro Cangiano. Puoi partecipare al progetto inviando articoli a cangianogennaro@gmail.com.
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Cordoglio differenziato
>> lunedì 26 gennaio 2015
Hugo Chávez fu eletto presidente del Venezuela quattro volte dal 1998 al 2012 e fu ammirato e sostenuto da una larga maggioranza di cittadini di quel paese, in gran parte a causa delle sue politiche che hanno aiutato i poveri.
Re Abdullah è stato un dittatore e tiranno che guidava uno dei regimi più repressivi del pianeta.
Le lodi affettuose con cui è stato ricolmato il brutale despota sauditain Occidente da media e personaggi politici è stato a dir poco nauseante; il governo del Regno Unito, che si auto-eleva quotidianamente a impartire lezioni al mondo sulla democrazia, in realtà ha ordinato di mettere le bandiere a mezz'asta per tutto il giorno per onorare questo ripugnante monarca. Il mio collega diIntercept, Murtaza Hussain, ha scritto un eccellente articolo su tutto questo spettacolo, con un vero e proprio necrologio, qui.
Voglio solamente concentrarmi su un solo aspetto: un confronto fra la dichiarazione del presidente Obama pronunciata nel 2013 in morte del presidente Chávez e quella che ha rilasciato oggi in merito al sovrano saudita. Ecco l'intera dichiarazione di Obama su Chávez (segnalatami da Sami Khan):
Trad.: «In questo momento difficile legato al decesso del presidente Hugo Chavez, gli Stati Uniti ribadiscono il loro sostegno al popolo venezuelano nonché il loro interesse a sviluppare un rapporto costruttivo con il governo venezuelano. Nel momento in cui il Venezuela inizia un nuovo capitolo della sua storia, gli Stati Uniti restano impegnati in politiche che promuovano i principi democratici, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani.»
Trad.: «È con profondo rispetto che esprimo le mie condoglianze personali e il cordoglio del popolo americano alla famiglia di re Abdullah bin Abdulaziz e al popolo dell'Arabia Saudita.
La vita di re Abdullah ha abbracciato un'era che va da prima della nascita della moderna Arabia Saudita fino al suo emergere quale forza cruciale all'interno dell'economia globale e un ruolo guida tra le nazioni arabe e islamiche. Egli ha intrapreso passi coraggiosi nel portare avanti l'iniziativa di pace araba, uno sforzo che gli sopravviverà quale contributo duraturo alla ricerca della pace nella regione. In patria, la visione del re Abdullah è stata dedicata alla formazione del suo popolo e a un maggiore impegno verso il mondo.
Mentre i nostri paesi lavoravano insieme per affrontare molte sfide, ho sempre apprezzato il punto di vista di re Abdullah e son stato grato della nostra amicizia autentica e calorosa. Come leader, egli è stato sempre sincero e ha avuto il coraggio delle proprie convinzioni. Una di queste convinzioni è stata la sua fede incrollabile e appassionata nell'importanza delle relazioni Statunitensi-Saudite per costituire la forza necessaria alla stabilità e alla sicurezza in Medio Oriente e non solo. La vicinanza e la forza del partenariato tra i nostri due paesi è parte dell'eredità di re Abdullah.
Che Dio gli conceda la pace.»
Una differenza evidente tra i due leader è che Chávez è stato eletto mentre Abdullah non lo è stato. Un'altra è che Chávez usava le risorse petrolifere nazionali per cercare di migliorare la vita delle persone più povere della nazione, mentre Abdullah usava le sue per arricchire ulteriormente gli oligarchi sauditi e le élite occidentali. Un altra ancora è che la gravità delle violazioni dei diritti umani e il militarismo di Abdullah fanno sì che Chávez appaia in confronto come Gandhi.
Ma quando si tratta dei discorsi politici e mediatici occidentali, l'unica differenza che conta è che Chávez era un avversario degli USA, mentre Abdullah era un fedele alleato degli USA: il che, di per sé ai fini dei media USA e britannici, trasforma il primo in un mostro malvagio e il secondo in un amato simbolo di pace, riforma e progresso. Prendiamo uno fra gli innumerevoli esempi: lo scorso anno, il primo ministro britannico David Cameron - letteralmente il migliore e più affidabile amico di dittatori al mondo dopo Tony Blair - si è alzato in Parlamento per rispondere alle interrogazioni del parlamentare britannico George Galloway e ha dichiarato: «di una cosa siamo certi: ovunque ci sia un brutale dittatore arabo nel mondo, egli godrà del sostegno di [Galloway]»; ieri sera, lo stesso David Cameron si autodefiniva «profondamente rattristato» e sosteneva che il re saudita sarebbe stato ricordato per il suo «impegno per la pace e per il rafforzamento della comprensione tra le fedi.»
Ecco perché non si trova nessuno al di fuori dei canali americani via cavo di notizie, dei think-tank washingtoniani, o della cricca narcisistica londinese uscita da Oxford-Cambridge (Oxbridge, nell'originale, NdT) che faccia altro che deridere con disprezzo e cupo divertimento gli Stati Uniti e il Regno Unito quando si pavoneggiano impettiti come difensori della libertà e della democrazia. Solo in tali circoli segnati da tribalismo, sciovinismo e propaganda una simile sbobba indigesta viene presa davvero sul serio.
Sottomissione
>> martedì 20 gennaio 2015
Si può dire, a pochi giorni dalla sua edizione nell’originale francese, che l’ultimo libro di Michel Houellebecq (nella foto), il romanzo Soumission (pubblicato da Flammarion) è un caratteristico esempio di “successo annunziato” ...e ha già una versione italiana ("Sottomissione", pubblicato da Bompiani). E’ un caso di “triste fortuna”: dal momento che esso parla di una Francia futuribile nella quale trionfa in libere elezioni un candidato musulmano “moderato” che in modo soft, con le armi di una corruzione strisciante e sorniona, riesce ad assoggettare il paese a un regime che poco a poco ne assopisce la vitalità e le capacità immergendole nel bagno tiepido di una società nella quale prevalgono l’agricoltura, l’artigianato, le piccole imprese, la moralità comunitaria e familiare eccetera; insomma, una Francia egemonizzata da un’ideologia religiosa che la riduce all’antimodernità e che per questo piace anche a molti cattolici, magari tradizionalisti. Insomma, alla fine la Francia cade vittima di una sorta di congiura islamo-cattolica scopo della quale è la restaurazione di un regime di vita patriarcale.
Michel Houellebecq è una strana figura di uomo e d’intellettuale votato alla marginalità, incurante del suo aspetto (è noto che per incuria si lasci cadere i denti), i libri del quale – e i loro personaggi - sono perennemente sospesi fra erotismo e frustrazione. Negli ultimi anni, era riuscito tuttavia a farsi una fama cavalcando l’islamofobia su corse simili a quelle della signora Bat Ye’or, una britanno-egiziana nota per aver immaginato una futura Europa divenuta “Eurabia”, che abbia abdicato alle sue radici cristiane (come se non lo avesse già fatto da tempo…) e che è caduta preda del missionarismo musulmano.
Su “Le Monde”, e quindi sul “Corriere” (qui), Emmanuel Carrère pone Soumission sulla stessa linea di 1984 di Orwell e di Il migliore dei mondi di Huxley: una linea “profetica” stando alla quale, nel 2022, la Francia diverrebbe uno stato musulmano.
La “triste fortuna” consiste nel fatto che questa “visione-profezia” è contenuta in un libro uscito si può dire contemporaneamente alle stragi parigine del 7-9 scorso: e si può prevedere che ciò lo condurrà a un picco inaspettabile e inatteso di vendite, come il nuovo “Charlie Hebdo” che non arrivava alla ventina di migliaia di copie e che, nel giorno della sua resurrezione dopo l’attentato, ne ha vendute tre milioni e quindi altri due in tutto il mondo. Vero è, e va detto, che Houellebecq ha rinunziato a qualunque forma di pubblicità diretta: ma la forza delle cose procede per conto proprio, e il libro diventerà, al pari di quel che accadde dopo l’11 settembre per La rabbia e l’orgoglio di Oriana Fallaci, se non una lettura quanto meno un oggetto d’acquisto e di ostentazione per tutti gli islamofobi che temono la futura “Eurabia”.
Tratto da francocardini.net
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