Per una nuova Vandea
>> sabato 5 maggio 2012

La classica lettura della storiografia contemporanea sulle guerre di Vandea tende a liquidare la questione come una reazione clerical-monarchica alla Rivoluzione Francese. Subito dopo la presa della Bastiglia e prima ancora di aver tagliato la testa a Luigi XVI e Maria Antonietta, i rivoluzionari giacobini procedettero all’espropriazione di tutti i beni clericali che divenivano dal 2 Settembre 1789 proprietà della Nazione, pronti ad essere ceduti per rimpinguare le casse del nuovo stato nascente. Per opporsi a quest’esproprio fatto in nome del popolo e della I Repubblica Francese, clericali e nobili avrebbero – sempre secondo la storiografia progressista contemporanea – sobillato la classe proletaria contadina contro il nuovo regime rivoluzionario, per difendere i reazionari valori di Dio, Patria e Famiglia. Cittadini stolti e incapaci di comprendere l’inganno perpetrato dal vecchio potere politico in nome di valori frutto della religione, l’oppio dei popoli di cui parava Marx. Un giudizio sul popolo simile a quello che certa intellighentia dei giorni nostri tende a dare quando le elezioni vengono vinte dal “Cainano” di turno: il popolo è stolto e si fa abbindolare dalle false promesse che il Sultano di Hard-core emana attraverso i suoi potenti mezzi mediatici, detenendo ovviamente il controllo totale sull’informazione. Solo la minoranza illuminata del Paese è in grado di vedere l’inganno, grazie alla sua “superiorità culturale” che deve essere imposta attraverso gli alfieri della verità e della Justitia. In Italia questa cultura giacobina ha trovato in Travaglio, Santoro, Floris, Ezio Mauro, Padellaro e tutti gli altri esponenti del circo mediatico capital-progressista, degli ottimi interpreti. La magistratura impegnata e illuminata ha invece eseguito con grande impegno e costanza i precetti di detta cultura, di cui ne costituisce a pieno titolo il braccio armato.