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Napoletano eterno

>> lunedì 29 dicembre 2014



Quello che vi presento oggi è un personaggio stupefacente: Gianni Aversano. Nel video si può ascoltare il brano che dà il titolo al suo ultimo lavoro discografico che presenta un insieme di bellissime canzoni religiose in napoletano. 
Gianni Aversano è un insegnante di storia e filosofia, cantante, attore, chitarrista e autore. Leader e fondatore del Trio Napolincanto. Dal 2008 voce solista dell’Orchestra Popolare Italiana di Ambrogio Sparagna. 
Nel 2004 col Trio Napolincanto ha preso parte alle celebrazioni per Carl Orff in Germania e ha tenuto un concerto privato per Josef Ratzinger, di lì a poco Papa Benedetto XVI, che alla fine affermò: “Vi ringrazio per avermi fatto conoscere Napoli al di là delle astratte sociologie”. Nel 2005 il Trio riceve il Premio Histonium per l’impegno artistico e culturale finalizzato alla riscoperta della bellezza e del messaggio universale della canzone napoletana. 
La particolarità degli spettacoli del Trio è mettere in risalto, attraverso una forma di teatro-canzone che coinvolge ed affabula, la storia di un popolo eccezionale, il senso religioso e l’esaltazione dell’umano che sono al fondo delle canzoni più cantate del repertorio partenopeo.
Le doti attoriali di Gianni Aversano gli permettono inoltre di dare vita, in un modo originale, alla famosa maschera di Pulcinella e ad una serie di personaggi che vivono le vicende delle famose “macchiette”.
Gli album: Scetate e guarda (2004) ed. Itaca, Napolincanto Live (2005),  Napule, popolo e Dio (2006) ed. Polosud e Rosa, preta e stella (2008). In repertorio anche un’operetta buffaoriginale dal titolo: “Mozart e Pulcinella: Serenata buffa di una notte napoletana”, nella quale si racconta, tra esecuzioni di arie e brani popolari del ‘700 napoletano, della permanenza di Mozart a Napoli e di quanto questi abbia attinto da quell’immenso patrimonio artistico.

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Poesia in immagini...

>> mercoledì 10 dicembre 2014

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Fiera dell'artigianato a Milano

>> martedì 9 dicembre 2014



Ieri sono andato, in compagnia della mia famiglia, a visitare la fiera dell'artigianato alla fiera  di Milano. Inutile dire che il mare di gente presente era impressionante, anche grazie  al fatto che fosse un giorno festivo e per di più ultimo giorno espositivo. Su questa esperienza ci sono alcune considerazioni che penso debbano essere condivise.
Gran parte dello spazio espositivo era dedicato alle varie realtà regionali italiane, ma anche il resto del mondo era ben rappresentato. La visita si è dispiegata tra innumerevoli stand che offrivano merce di tutti i tipi, tutti strettamente caratterizzati geograficamente. Man mano che ci si addentrava, come gocce nel fiume dei visitatori, l'attenzione era più o meno attirata dalle esposizioni tra le più eterogenee, ma tutte organizzate più o meno nello stesso modo... fino ad una musica in lontananza che riusciva a soprastare anche al rumorio e vocio della gente numerosissima. Ci avviciniamo attratti dalla musica che risultava indiscutibilmente familiare; canzoni napoletane che sole si elevavano nella routinaria e monotona esposizione degli stand che via via attraversavamo... fino a raggiungerla. Un'intero angolo del capannone 1 della fiera era occupato dalla Campania e una "pizzeria" aveva avuto la felice idea di includere la musica nella propria offerta espositiva. Il clima era categoricamente diverso dal resto della fiera; pizzaioli e camerieri vestiti da pulcinella coinvolgevano ballando o cantando ogni visitatore che avevano a portata di sguardo e questi si lasciavano coinvolgere senza pudore, determinando un clima che in nessun'altra parte della fiera si respirava. Inutile dire che abbiamo scelto di mangiare la pizza lì, familiarizzando con il personale addetto come se si fosse in famiglia. "di dove sei?" - ci chiedevamo a vicenda - "sono di Fuorigrotta" rispondeva Pulcinella che nel frattempo aveva deciso di sedere al nostro tavolo e consumare insieme a noi la sua pausa. E poi sfogliate, mozzarella, pastiera, caffè... tutto sempre condito dalla musica e dal canto di addetti e visitatori che entravano in un vero e proprio stato alternativo di esistenza quando entravano in contatto con la freschezza e la gioia che i napoletani offrivano loro come fosse un prodotto tipico, però gratuito. Nessun altro spazio della fiera è riuscito ad essere così vero. La musica ad esempio c'era anche presso lo stand dell'Emilia Romagna, ma consisteva in un balletto organizzato, tipo ballo di gruppo, su una base musicale inglese e a cui il visitatore doveva solo assistere... una banalità dove nessuno veramente si fermava interessato. Siamo tornati a casa come se fossimo stati realmente per qualche ora a Napoli e la stessa sensazione ci è stata comunicata da molti amici che in momenti diversi hanno visitato la fiera. Milanesi o stranieri che fossero, tutti ricordano particolarmente quello strano "stato dell'essere".    

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In memoria di Davide

>> sabato 22 novembre 2014



Ci hanno spiegato, a noi che siamo ottusi, che quello che è successo al Rione Traiano di Napoli  nei mesi scorsi, quando il giovane Davide moriva per mano di un carabiniere, ha le sue radici nel contesto illegale e degradato di Napoli; che è del tutto evidente che, ignorando l'alt dei carabinieri, i tre giovani se la sono cercata; che il loro essere in giro alle 2.30 di notte è indice di per sé di devianza... Ci hanno spiegato, ormai in mille modi, che ad uccidere Davide è stata Napoli, con la sua illegalità diffusa, la sua ignoranza, la sua intrinseca indole deviata; ci hanno spiegato che le forze dell'ordine sono vittime di questa situazione, esposti al pericolo ogni giorno; che le manifestazioni seguite ai fatti sono tutt'altro che spontanee, ma che, fomentate dalla camorra, servono a screditare i carabinieri e la polizia, ultimi baluardi della legalità, katekon che impedisce, tra mille difficoltà, alla città di scivolare definitivamente nel baratro infernale di se stessa... Ce lo hanno spiegato parlando da luoghi che, al contrario, sono patria di legalità e rispetto civico; pulpiti immacolati da cui, chi salva se stesso, grida l'inevitabile perdizione di una città che è sempre più un buco nero e tetro di inciviltà, indegno del sacrificio di tanti carabinieri e poliziotti che invano cercano di portare in quei luoghi quella stessa salvezza... Eppure non capiamo...ci spiegano e rispiegano, ma non capiamo... O forse, in realtà, capiamo troppo bene. Capiamo che il candore di quei pulpiti è lo stesso dei sepolcri imbiancati di evangelica memoria, da cui ogni predica è indicativa di un perpetuarsi dello status quo; capiamo che non c'è pietà nell'ipocrisia che indica l'apparenza più importante della sostanza. Nel ventre di quei pulpiti è profondo il fetore di un'umanità ormai perduta, che si ostina a descriversi come salva senza accorgersi che ha venduto da tempo la propria anima. Condannano Davide e non si accorgono delle loro famiglie distrutte, delle loro figlie prostitute a 14 anni per una ricarica telefonica o una borsa firmata, dei loro giovani figli drogati e alcolizzati, dei loro ideali marci di arrivismo; condannano il Rione Traiano e la sua povertà e non si accorgono della loro corruzione, di quanto il valore di uno solo degli scandali che si susseguono quella povertà avrebbe risolto cento volte; non sentono il loro razzismo, la cancrena dell'individualismo più becero... Capiamo benissimo la differenza che c'è tra tutela e abuso e, purtroppo, nel gesto di quel carabiniere non c'è alcuna tutela, come in mille altri gesti che, pur meno cruenti, si susseguono ogni giorno sulla nostra gente che, lo capiate o no, a differenza vostra ha ancora speranza di salvezza, ma una salvezza vera, pagata al caro prezzo della croce che trascina. Ne è testimonianza quella croce stessa che, nonostante il suo peso, non ha schiacciato il senso di appartenenza, della famiglia, del sostegno reciproco nelle difficoltà... Quartieri interi che si mobilitano a sostegno di pochi suoi membri ignoranti, poveri e indifesi, ma non soli...il Rione Traiano per Davide, così come Scampia per Ciro o Forcella per Annalisa, spiegano al mondo un'umanità che il mondo non comprende, perso nel fetore del suo stesso sepolcro... Che Dio abbia pietà di voi. 
Gennaro Cangiano

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La civiltà del caffè sospeso...

>> mercoledì 3 aprile 2013


NAPOLI- "Il Caffè sospeso e la Pizza a 8, sono due atti d' amore e di fiducia dei napoletani verso i loro concittadini e gli italiani. Napoli rappresenta l' elevazione al cubo dei pregi e dei difetti del nostro paese. In un momento di crisi drammatica come quello attuale, la città invece di chiudersi a riccio nell' egoismo e nella barbarie, ha deciso di dare fiducia ai cittadini in difficoltà rispolverando due storiche tradizioni locali. 
E' anche una risposta all' odio leghista, al livore di personaggi a nostro avviso indecenti come il Governatore del Veneto Zaia che da Ministro all' Agricoltura del governo Berlusconi prima ha tentato di levarci l' stg della pizza napoletana e poi ha fatto approvare una legge che sta danneggiando e azzerando i produttori di bufala Campana. Al rancore e cattiveria di questi personaggi rispondiamo con amore e generosità. Però è bene che i governanti tengano presente che la pizza a 8 ( cioè che si paga 8 giorni dopo averla consumata ) ed il caffè sospeso ( uno sconosciuto lascia pagato alla cassa uno o più caffè per chi non può permetterseli ) sono usanze che si sono sviluppate nel dopo guerra in condizioni economiche drammatiche. Il che significa che la popolazione ha difficoltà oramai anche a sfamarsi.

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L'Italia non è un paese serio...

>> lunedì 14 maggio 2012


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Il Centro Direzionale di Napoli

>> sabato 5 maggio 2012

Il Centro Direzionale di Napoli è una vera e propria cittadella, sorta nel 1995, a ridosso di Poggioreale e della Stazione Centrale di Napoli.
Progettato dall’architetto giapponese Kenzo Tange, il Centro Direzionale è l’unico centro interamente formato da grattacieli dell’Europa Meridionale.
La storia del Centro Direzionale di Napoli, inizia negli anni ‘60, quando l’amministrazione cittadina, individuata la zona dismessa, decise la realizzazione di un centro prevalentemente adibito per la localizzazione di uffici, che fosse in grado di centralizzare il settore e contemporaneamente di decongestionare il traffico cittadino. La progettazione fu affidata a Kenzo Tange, che presentò il progetto nel 1982, e tre anni dopo fu dato il via ai lavori di realizzazione.

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La poesia napoletana... Antonio de Curtis

>> sabato 16 gennaio 2010

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Storia del teatro napoletano

>> giovedì 31 dicembre 2009

Il teatro a Napoli vede i suoi albori perdersi nella notte dei tempi. Certo non si pretende d'iniziare la nostra storia a partire dall'epoca dei Cesari, ne vogliamo narrare delle tante compagnie girovaghe che nel medioevo affollavano le piazze in tempi di fiere e mercati. Inizieremo la nostra storia a partire dall'anno 1500. Le prime notizie certe che ci vengono dalla storia, fanno risalire ai tempi della corte aragonese  la nascita dei primi attori e commediografi napoletani. Infatti,verso la fine del quattrocento, alla corte aragonese, risplendente della gloria del Cariteo, appare un poeta di nome Pietro Antonio Caracciolo, autore di una farsa dal nome "La farsa de lo cito", della quale a noi sono giunti solo piccoli frammenti. Ma già qualche anno prima, il 4 marzo del 1492, in una sala di Castel Capuano, un altro poeta napoletano, Jacopo Sannazaro, celebrava le vittorie degli spagnoli e la presa della città di Granata alla presenza di Alfonso D'Aragona duca di Calabria, ridicolizzando la figura del profeta Maometto e magnificando le gesta del condottiero aragonese; quest'opera dal titolo "Arcadia" ricalcava quello che era lo stile drammaturgico del '500 e cioè fungere da specchio dorato per i regnanti, dove le trame e le battute altro non erano che strumenti di adorazione. Ciò non poteva certo andar bene ai cavalieri, bramosi di schietto divertimento. La svolta fu ad opera di P.A. Caracciolo che con l'opera "Imagico" (il mago) ripudiava il linguaggio merlettato e fiorito dei sovrani ed attingeva dal popolo sia la trama che la dialettica. Egli si presentò in scena «...togato, con faccia et barba antiqua de summa auctorità accompagnato da quattro soy discepuli de bianco vestiti». Possiamo quindi stabilire che i primi veri attori del teatro napoletano furono Jacopo Sannazaro e P.A. Caracciolo, autori e registi di se stessi, che ebbero, tra l'altro, anche il merito di far uscire il teatro dalle mura delle corti e dei palazzi reali, portandolo in mezzo alla gente che in futuro ne farà una ragione di vita.

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