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Sciopero Generale... Che la pantomima abbia inizio!

>> giovedì 27 novembre 2014

immagine dal blog di ianuario

Per il 12 dicembre prossimo la CGIL e la UIL hanno dichiarato lo sciopero generale contro la riforma del mercato del lavoro. Azione legittima, ma che deve essere approfondita nel merito se si vogliono realmente identificare le responsabilità della situazione attuale.
Vediamo in che condizione siamo:


  1. l'Italia perde di competitività nei confronti di tutti i concorrenti mondiali, tranne in specifici segmenti di mercato che non riescono però a bilanciare la caduta libera del PIL;
  2. Non è più possibile utilizzare, da quando l'Italia ha aderito all'euro zona, la leva monetaria per sostenere le esportazioni, svalutando e rendendo quindi più competitive le merci italiane sul mercato estero;
  3. L'unico modo per rilanciare la competitività in tale sistema chiuso è la svalutazione dei salari, che, grazie alla ricaduta sui costi di produzione, otterrebbe lo stesso effetto di una svalutazione monetaria e in più la ridotta capacità d'acquisto della popolazione sarebbe dirottata verso merci di produzione italiana più economica, aggiustando la bilancia dei pagamenti e stimolando la produzione.


In questa situazione si inserisce la riforma del mercato del lavoro del governo Renzi che, consapevole della situazione, si appresta a varare in essa una restrizione dei diritti acquisiti che porti i lavoratori dipendenti in una soggezione tale da accettare, senza troppo colpo ferire, una riduzione dei salari reali, che resta il vero obiettivo della riforma. A cosa dovrebbero servire altrimenti la libertà di licenziamento o la libertà di video sorveglianza dei lavoratori?
Ora è chiaro che chi, come il sindacato, vuole rappresentare esattamente la classe dipendente, deve reagire a tale riforma oggettivamente reazionaria, ma lo si stà facendo senza volere veramente raggiungere l'obiettivo. Se infatti avvenisse, come richiede il sindacato, che la riforma non si facesse o non si facesse in questi termini, la situazione italiana non cambierebbe e l'emorragia occupazionale in atto, parallela al calo del PIL, non si arresterebbe. È chiaro che da tale situazione, che vede anche assolutamente repressa ogni possibilità di investimento pubblico, non ci sarebbe via d'uscita. Dico anche che se in tale situazione invece si decidesse di aumentare tutti gli stipendi, tale massa monetaria finirebbe per essere spesa nella stragrande maggioranza in merci prodotte all'estero, senza stimolare più di tanto la produzione ed aumentando la fuoriuscita di capitali già in atto e questo le segreterie nazionali del sindacato non possono non saperlo. Eppure, pur sapendolo, non propongono alcuna politica alternativa a quella del governo, dichiarando uno sciopero che sembra orfano della necessaria visione prospettica. Bisogna cioè riconoscere che, rimanendo ancorati agli attuali equilibri economici europei e internazionali, in cui l'Italia è stretta nell'essere elemento debole di un'area valutaria non ottimale, l'unica politica del lavoro possibile è quella che propone il governo e che sarà pagata tutta dai lavoratori. I sindacati, pur sapendo queste cose, si guardano bene dal dichiarare di voler mettere in discussione tale situazione; si limitano ad essere contro la manovra, ma, in assenza di un progetto politico e sociale alternativo, nessun risultato potrà mai essere raggiunto e i lavoratori saranno coinvolti ancora una volta in una pantomima che, oltre a costargli la giornata di sciopero, otterrà come unico obiettivo la rinnovata legittimazione dei sindacati agli occhi della massa, che non significherà nient'altro se non la salvaguardia dei privilegi sindacali esistenti. Mi duole dirlo, ma l'unica possibilità di salvare la situazione è che l'euro salti (non l'unione europea), restituendo agli stati la leva monetaria come mezzo di riequilibrio dell'economia internazionale e un sindacato che non ha il coraggio di dirlo non è degno di questo nome.

Gennaro Cangiano

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