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Tutta n'ata storia

>> lunedì 5 gennaio 2015


Oggi è successa una cosa strana, che mai mi sarei aspettato potesse accadere. Questa mattina, come l'intero mondo, ho appreso la notizia della morte di Pino Daniele... La sorpresa, la tristezza, i ricordi hanno immediatamente ingolfato la mia mente e il mio cuore, stringendomi un nodo in gola che ancora stenta a sciogliersi. Quando nel 1977/78 si cominciava a sentir parlare dei Napoli Centrale e di Pino Daniele, quando le radio libere napoletane cominciavano a passare canzoni come "Che calore" o "na tazzulell'e cafè", io avevo 8 anni... faccio parte cioè di quella generazione di napoletani che è cresciuta ritenendo normale il cosiddetto "sound blues partenopeo", ma che invece era un'assoluta novità. Con queste melodie si compiva la completa assimilazione e metabolizzazione da parte della musica napoletana delle influenze anglosassoni cominciate con l'occupazione americana postbellica e la coniugazione ha dato vita a un genere unico, evidenziando ancora una volta come la cultura napoletana sia la vera e forse unica sintesi possibile delle culture mondiali. Oggi però mi sono reso conto di qualcosa che non mi era evidente... La morte di Pino Daniele ha coinvolto in una commozione generalizzata non solo me è mia moglie, il chè poteva benissimo essere scontato, ma anche i miei figli, dimostrando l'incredibile valore culturale che questo artista rappresenta; in maniera trasversale alle generazioni... Pochi musicisti possono dirsi caratterizzati da una simile potenza emotiva. Ho sentito dire che oggi Napoli si sente svuotata; non sono daccordo... È ancora Napoli, come sempre, che riempie il mondo.

Gennaro Cangiano  

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