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La filosofia del metronotte

>> martedì 25 novembre 2014


Un collega GPG che legge il mio libro
Un docente di lettere di un liceo milanese, saputo dell'imminente pubblicazione di un mio libro, che si può ben definire di filosofia, ha esclamato: "ah... Sei laureato in filosofia!"; e io: "no, a dire il vero mi sono anche diplomato tardi, da privatista"; "ma come?...- ribatte lui - e hai scritto un libro di filosofia?", senza chiedere quale fosse l'argomento affrontato nel testo e liquidando la conversazione come si fa con i poveri pazzi, assecondandoli, cioè, e cambiando rapidamente discorso, ha congedato in fretta l'argomento. 
È un atteggiamento che mi aspettavo; quello cioè di chi sente oltraggiata e usurpata una propria prerogativa; come se pensare fosse una caratteristica solo di determinati esseri umani e non di altri. E meno male che non ho detto che per vivere faccio la guardia giurata, altrimenti come minimo si sarebbe stracciato le vesti come i farisei di evangelica memoria.
Al di là dell'aneddoto, che pure è indicativo, la cosa che mi è risultata evidente è la tradizione culturale dietro alle affermazioni espresse. Non so quali siano le origini territoriali del professore, ma sicuramente non risentono o non risentono più dell'influsso della magna Grecia. In città come Napoli infatti, dove questo influsso esiste forte, indipendentemente da quanto se ne abbia consapevolezza, la filosofia è invece il pane della vita e i più grandi filosofi li ho conosciuti in ambienti insospettabili; persone apparentemente ignoranti che erano però in possesso di una visione del mondo e dell'esistenza originalissima e degna dei più grandi pensatori della storia... (Continua...)
Certo è che se tutti gli insegnanti di lettere e filosofia fossero filosofi propriamente detti, la Grecia antica avrebbe da arrossire al confronto e invece la verità è che questa, se potesse vedere il nostro modo di essere e di vivere la cultura, creperebbe dal ridere per la nostra spocchia... O piangerebbe inesorabilmente per la degenerazione a cui abbiamo condannato il pensiero. Invero, almeno alle scuole superiori, filosofia non si fa affatto, avendo l'insegnamento di tale materia completamente abdicato verso la storia della filosofia, che è ben altra cosa... Frutto del sistema filosofico hegeliano che è stato eretto a verità assoluta. Così si studia, si elenca, si impara, si riproduce esclusivamente il pensiero di altri, rinunciando inevitabilmente per questo a coltivare un senso critico che è la base di ogni pensiero autonomo. Il discepolato, che è l'unico modo vero di insegnare la filosofia, la nostra scuola non sa più che cosa sia, sprofondata com'è in tonnellate di nozioni inutili che infatti restano per ben poco nelle menti dei nostri giovani. Eppure basta scorrere a ritroso quella stessa storia di meno di duecento anni per incontrare metodi di insegnamento completamente alternativi e infinitamente più proficui.
Certo è, mi duole dirlo, che produrre in serie masse di uomini e donne con scarsissimo senso critico è speculare e a vantaggio esclusivamente dello status quo (delle attuali classi dominanti), che non hanno, evidentemente, alcun interesse ad avere dei "sudditi pensanti"; infinitamente più comodo è infatti averne che pensino solo concetti preconfezionati e che solo marginalmente mettano in discussione gli attuali equilibri. 
Sentirsi infatti spiegare per una mezz'oretta il pensiero di Aristotele, leggerne qualche commento in cinque o sei pagine di libro, non significa affatto studiare Aristotele; cimentarsi in prima persona con le sue opere lo sarebbe, leggere la sua "Etica nicomachea", confrontando quello che è il proprio modo di essere con quello che lui voleva fosse per il figlio (Nicomaco infatti era suo figlio, da cui il nome dell'opera), esprimendone un giudizio critico e imparando ad argomentarlo.... Questo sarebbe studiare Aristotele. La Summa Teologica di Tommaso d'Aquino, composta da tomi belli corposi e che oggi dubito che qualche professore di filosofia del liceo abbia mai letto, fu in origine un manuale per studenti; il che la dice lunga sul nostro concetto di studio.
Così chiunque si arroghi la "stolta presunzione" di un pensiero autonomo dagli schemi preconfezionati è apriori bollato di eresia, indipendentemente dal merito di quanto effettivamente espresso in quel pensiero; non curando che nella storia, non solo della filosofia, le svolte antropologiche sono state indicate da chi era effettivamente capace di uscire dalla gabbia degli schemi del suo tempo, rivendicando il proprio diritto a pensare in quanto essere umano e non in quanto appartenente a una casta più o meno identificata. 

Gennaro Cangiano

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